Storia dell'implantologia: conchiglie come impianti dentali
Ci spostiamo oggi un po’ più vicini a noi in termini temporali per raccontarvi un nuovo episodio della storia degli impianti dentali.
Siamo circa nel 700 d.C. a Playa de los Muertos in Honduras e un componente della popolazione Maya attesta nuovamente che la pratica dell’implantologia in antichità era tutt’altro che in la da venire. Il reperto che testimonia ciò è stato trovato da Popenoe nel 1931 e si compone di un frammeno di mandibola che mostra, inseriti in alveoli naturali, tre incisivi artificiali ottenuti da valve di conchiglia.
Inizialmente, come prevedibile, si pensò alla testimonianza di un rituale post-mortem ma già negli anni ’70, grazie allo studio del Prof. Amedeo Bobbio dell’Università di San Paolo (Brasile), viene evidenziata radiologicamente una osteogenesi attorno ai pezzi di conchiglia.
L’idea che si trattasse di un intervento di implantologia dentale venne poi confermata da M.E. Pasquini dell’Università di Milano. Questo volle sperimentare su dei ratti l’osteointegrabilità della Conchiglia Tridacna, la conchiglia rinvenuta nel reperto: inseriti i frammenti di conchiglia dopo alcuni mesi l’assenza totale di interposizione di tessuto fibroso garantì la biocompatibilità istologica del materiale e confermò l’ipotesi di un intervento di implantologia anche nel VIII sec. d.C.
Da questo reperto in poi la storia tace. Sarà solo il secolo XVIII a restituirci altre testimonianze simili non proprio considerabili interventi di implantologia, come il reimpianto di elementi persi o trapianti di alveoli beanti.
Alla prossima settimana per una nuova tappa del nostro percorso attraverso la storia degli impianti dentali.
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